L'inconscio e il vampiro


Nel romanzo Dracula Bram Stoker mette in scena il monstrum come contenuto psichico pre-logico e inconscio, qualcosa che si colloca al di fuori delle rigide categorie scientifiche dell’Età vittoriana. La creatura vampirica del Conte Dracula rappresenta infatti un elemento di alterità radicale, un Altro che la mentalità positivista dominante non riesce inizialmente né a comprendere né ad accettare. Di fronte a questa presenza perturbante, i personaggi di Stoker reagiscono dapprima con scetticismo e rifiuto, in linea con la fiducia ottocentesca nella razionalità, salvo poi intraprendere un percorso di graduale apertura cognitiva. Il vampiro incarna dunque l’ignoto e l’inconscio rimossi dalla coscienza collettiva: un’ombra primordiale che torna a manifestarsi e che dovrà essere integrata. In tal senso, Dracula può essere letto come un viaggio dall’oscurità irrazionale verso una nuova luce di consapevolezza, in cui l’elegante tessitura epistolare e diaristica del romanzo registra il difficile dialogo tra ragione e abisso interiore.
Jonathan Harker è il primo personaggio a confrontarsi con il monstrum e a incarnare l’impasse della mente razionale di fronte all’irrazionale. All’inizio egli è un giovane avvocato inglese, pratico e positivista, che arriva nei Carpazi con un bagaglio di certezze occidentali. Tuttavia, il soggiorno nel castello di Dracula lo costringe ben presto a mettere in dubbio la logica abituale. Jonathan osserva sgomento fenomeni che sfidano ogni spiegazione scientifica – il Conte che non si riflette nello specchio, che compare a ore inconsuete, che scala le pareti del castello come un rettile. Di fronte a tali eventi incomprensibili, la sua reazione iniziale è di negazione: Harker cerca rifugio nelle spiegazioni ordinarie, attribuendo ad esempio le proprie visioni a un gioco di luci o a un’allucinazione momentanea. In una celebre scena, vede Dracula strisciare in verticale sul muro esterno e dapprima si rifiuta di credere ai propri occhi.
“All'inizio non potevo credere ai miei occhi. Pensavo fosse un trucco della luce lunare... ma continuavo a guardare, e non poteva essere un'illusione.”
L’osservazione prolungata, però, lo obbliga ad ammettere che non si tratta di un errore dei sensi bensì di una realtà prodigiosa e terribile. La sua mente vacilla: l’ordinato schema del reale si incrina e l’ignoto irrompe. Incapace di razionalizzare l’accaduto, Jonathan è sopraffatto dalla paura e comincia a dubitare persino della propria sanità mentale. Quando finalmente riesce a fuggire dalla Transilvania, traumatizzato dall’esperienza, il giovane preferisce rimuovere quei ricordi: colpito da esaurimento nervoso, consegna il suo diario a Mina senza nemmeno volerlo rileggere, pregandola di sigillarlo. Il suo desiderio è di dimenticare, di cancellare quell’orrore indicibile.
“Non so se fosse reale o il sogno di un pazzo, e non voglio saperlo”
Jonathan tenta di confinare l’episodio nel regno dell’incubo, trattandolo come un contenuto inconscio da tenere segregato, pur di poter riprendere una vita normale nella luce rassicurante del matrimonio e dell’Inghilterra civilizzata.Una traiettoria analoga, sebbene con sfumature diverse, interessa Mina Murray Harker, esempio di intelligenza acuta e cuore saldo, ma pur sempre figlia del suo tempo. Mina inizialmente non assiste direttamente al sovrannaturale e si dimostra una donna moderna, fiduciosa nel progresso. Di fronte ai primi segni dell’inspiegabile – la malattia misteriosa dell’amica Lucy, i deliri del marito Jonathan – Mina prova a mantenere un approccio pragmatico. La sua resistenza all’irrazionale è dunque meno ostinata, ma comunque presente: Mina cerca spiegazioni mediche per il malessere di Lucy e consola Jonathan attribuendo i suoi “sogni orribili” alla febbre cerebrale. Tuttavia, mano a mano che gli eventi precipitano e le prove dell’esistenza del vampiro si accumulano, Mina dimostra una notevole capacità di adattamento cognitivo. A differenza di altri, lei non oppone pregiudizi ideologici alla nuova realtà: una volta convinta dell’orrore che si nasconde dietro le apparenze, trova la forza di accettarlo pienamente. Anzi, sarà proprio Mina – dotata di mente lucida ma anche di sensibilità intuitiva – a svolgere un ruolo cruciale nell’integrare tutti i frammenti di conoscenza (diari, lettere, ritagli di giornale) in un quadro coerente. In tal senso Mina rappresenta la mediazione virtuosa tra la ragione e l’irrazionale: inizialmente scettica quanto basta, ma priva della superbia intellettuale che blocca altri personaggi, ella sa aprirsi all’impossibile quando l’evidenza lo impone, contribuendo in modo decisivo alla strategia per combattere Dracula.
Il dottor John Seward, direttore di manicomio e discepolo della scienza positiva, incarna al massimo grado la rigidità positivista dinanzi al manifestarsi dell’Altro inconscio. Tra i personaggi principali, Seward è colui che più a lungo oppone uno scetticismo razionale alla realtà del vampiro, erigendolo a paradigma dell’uomo di scienza vittoriano intrappolato nei propri preconcetti. All’inizio egli interpreta ogni evento attraverso la lente del materialismo scientifico: attribuisce gli strani sintomi di Lucy a cause mediche ordinarie (anemia, sonnambulismo) e studia il folle Renfield con metodica clinica, cercando di ridurre i suoi deliri a patologie note. Di fronte ai fenomeni perturbanti che sfuggono ai suoi schemi la reazione di Seward è di ostinata incredulità. Egli rappresenta il rifiuto razionalista per eccellenza: crede che debba esistere “some rational explanation of all these mysterious things” e quando il fenomeno non rientra nelle conoscenze scientifiche acquisite, preferisce negarne l’esistenza. Questo atteggiamento è ben riassunto dalla frustrazione di Van Helsing nei suoi confronti:
"È colpa della nostra scienza che vuole spiegare tutto; e se non spiega, allora dice che non c'è nulla da spiegare."
La scienza moderna – sembra dire Stoker attraverso Van Helsing – pecca di superbia intellettuale: proclama impossibile ciò che non sa spiegare, escludendo a priori l’anomalia anziché esaminarla senza pregiudizi. Seward impersona proprio questo limite: precluso dal suo stesso positivismo, inizialmente è cieco e sordo ai segnali dell’ignoto. Quando Van Helsing, chiamato in aiuto, suggerisce una causa soprannaturale per il mal di Lucy, il giovane medico reagisce pensando che l’anziano mentore abbia perso il senno. Il suo scetticismo è così radicato che egli arriva a sospettare la follia altrui prima ancora di mettere in dubbio i confini del proprio sapere. Solo l’esperienza diretta dell’orrore – Lucy trasformata in vampira, colta sul fatto mentre assale un bambino – riesce infine a scalfire l’incredulità di Seward. Di fronte all’evidenza tangibile, il medico è costretto a dubitare delle proprie certezze: assiste sgomento alle azioni della “creatura” che un tempo era Lucy e finalmente si rende conto che la spiegazione razionale va cercata oltre la scienza convenzionale. Questo passaggio è cruciale: il dubbio che sgretola la sicurezza positivista di Seward segna l’inizio della presa di coscienza. È emblematico che egli confessi ai colleghi: “a volte penso che siamo tutti impazziti, e che ci risveglieremo in manicomio” – parole che mostrano come l’irrompere dell’irrazionale lo abbia portato a mettere in discussione la propria ragione. Tale crisi personale anticipa la svolta: da quel momento il dottore, pur con fatica, accetta la lezione di Van Helsing e si apre all’impossibile, diventando parte attiva nella caccia al vampiro.
Proprio Abraham Van Helsing rappresenta la chiave di volta del percorso cognitivo delineato dal romanzo: è l’osservatore empirico flessibile, lo scienziato-filosofo capace di sospendere il pregiudizio e accogliere l’anomalia come fonte di nuova conoscenza. Van Helsing unisce infatti alla formazione scientifica un animo aperto al mistero. A differenza dell’allievo Seward, non è prigioniero di alcun dogma intellettuale: al contrario, incarna un metodo di indagine inclusivo e versatile. Quando di fronte al caso di Lucy tutti i trattamenti ortodossi falliscono, Van Helsing non esita a considerare ipotesi eterodosse, attingendo al folklore, alla religione, alle tradizioni popolari. Egli sospende il giudizio e osserva attentamente la realtà fenomenica, pronto a riconoscere un fatto anche se contraddice la teoria. Ciò gli consente di vedere ciò che altri non vedono: nota i segni del morso sul collo di Lucy, associa i sintomi alle leggende sui Nosferatu, identifica in Dracula la causa invisibile della malattia. Invece di negare l’esistenza del vampiro perché “scientificamente impossibile”, Van Helsing prova a tradurre l’anomalia in conoscenza operativa: studia i punti deboli del non-morto, recupera rimedi antichi e li combina con strategie moderne. Egli si fa alfiere, insomma, dell’integrazione dei saperi: empirismo e intuizione, scienza e superstizione vengono da lui utilizzati in sinergia. Nel corso del romanzo Van Helsing svolge anche il ruolo di pedagogo nei confronti degli altri protagonisti: con pazienza e astuzia li guida fuori dall’oscurità dell’incredulità. Capisce che per vincere Dracula non basta identificarlo – occorre che tutti i membri del gruppo accettino quella realtà e agiscano di conseguenza, coesi. Così, attraverso prove concrete e dimostrazioni, Van Helsing conduce gli altri lungo un cammino di accettazione. La sua forza sta nella flessibilità mentale: non giudica folli le paure altrui (“tutti gli uomini sono folli in qualche modo”), ma anzi riconosce una logica nell’irrazionale.
Ogni incontro cruciale con il vampiro nel romanzo segna dunque una tappa nell’elaborazione dell’ignoto, un progresso nella digestione di quel contenuto inconscio che inizialmente appariva inaccettabile. Possiamo distinguere quattro fasi principali.
Prima fase: Rifiuto
Di fronte alle prime manifestazioni del monstrum, i personaggi negano risolutamente la realtà dell’evento.Seconda fase: Dubbio
Man mano che gli indizi si moltiplicano e le spiegazioni razionali vacillano, si insinua nei protagonisti l’inquietudine e la domanda senza risposta. In questo stadio emergono il conflitto interiore e il senso di impotenza. I personaggi oscillano tra la ragione che rifiuta l’assurdo e l’intuizione che avverte una verità altra. Il dubbio è doloroso ma necessario, perché erode le difese della mente e prepara il terreno al passo successivo.Terza fase: Accettazione
Raggiunto un punto di rottura, i protagonisti finalmente riconoscono la natura soprannaturale della minaccia. Questo avviene in Dracula attorno alla scoperta della non-morte di Lucy e alla lettura incrociata dei diari e documenti, quando tutti i membri del gruppo prendono coscienza che i vampiri esistono e che il Conte è tra loro. L’accettazione comporta uno shock ma al contempo un’illuminazione: le tessere sparse trovano posto nel mosaico, l’orrore informe acquista un nome e un volto, l’Altro inconcepibile viene concettualizzato.Quarta fase: Integrazione
Una volta accettata l’esistenza del vampiro, gli eroi possono unire le forze e le conoscenze per affrontarlo attivamente. In termini psichici, l’ombra è integrata nella coscienza: il mistero trova uno spazio nel lessico cosciente.
Così vediamo i protagonisti pianificare sistematicamente la distruzione di Dracula, mettendo a frutto sia la scienza sia le risorse dell’antica sapienza sulle creature della notte. L’integrazione culmina nell’atto finale: il Conte viene neutralizzato e la minaccia rimossa, ma soprattutto i personaggi escono trasformati dall’esperienza. Ognuno di loro ha ampliato i propri orizzonti mentali: Jonathan ha superato il trauma ed è divenuto più saldo, Mina – pur sfiorata dal male – mantiene intatta la sua bontà unita a una conoscenza nuova, Seward ha imparato a credere “anche all’incredibile” e Van Helsing ha confermato la validità del suo approccio inclusivo. In ultima analisi, il gruppo ha metabolizzato l’Altro: ciò che era totalmente Altro, estraneo e inconciliabile, è stato riconosciuto, affrontato e assorbito nella loro visione del mondo. Emblematica, in chiusura, la nota di speranza con Mina che afferma di vedere ancora un mondo pieno di uomini buoni “anche se esistono i mostri” – segno che l’ombra è stata fronteggiata senza perdere la fede nei valori positivi.
Recap
Dracula di Bram Stoker può essere interpretato come un potente modello di integrazione dell’Ombra applicabile anche al soggetto contemporaneo. Ogni essere umano, infatti, porta in sé il proprio “vampiro”: pulsioni represse, paure ataviche, istinti e contenuti inconsci che spesso appaiono estranei e minacciosi per la coscienza. La lezione che il romanzo suggerisce, tra le righe di un’avventura gotica, è che ignorare o negare ostinatamente queste componenti oscure non conduce alla salvezza, anzi le rende più pericolose. Proprio come il dottor Seward non poteva guarire Lucy finché si ostinava a rifiutare la natura reale del male che l’affliggeva, così l’individuo moderno rischia il collasso psichico se persevera in un atteggiamento di rigida chiusura verso il proprio inconscio. Al contrario, l’approccio flessibile e aperto incarnato da Van Helsing si rivela il più efficace nel metabolizzare l’Altro. Egli non demonizza né fugge ciò che non comprende, ma lo studia empiricamente, lo accetta come dato e mobilita tutti gli strumenti disponibili per affrontarlo. Allo stesso modo, il soggetto contemporaneo che voglia integrare la propria Ombra deve adottare uno sguardo onesto e privo di pregiudizi verso le zone d’ombra della psiche: riconoscerle, comprenderle e trovare strategie (razionali e simboliche insieme) per conviverci ed incanalarle in modo costruttivo.
Subscribe to my newsletter
Read articles from Federico Aste directly inside your inbox. Subscribe to the newsletter, and don't miss out.
Written by
